Di Riccardo Manfredi
Tutti noi subiamo critiche, tutti noi produciamo qualcosa, qualcosa che vorremmo che gli altri guardassero e comprendessero. Pensate a chi non produce niente, a chi non disegna, a chi non compone musica, a chi non mette insieme due bastoncini che trova per terra e lo definisce suo. Ecco, quante volte quelle persone ti diranno che non sono capaci, che non è nel loro spirito, che non gli interessa.
Quante volte queste persone avranno provato? Quante volte si saranno sentite dire che la loro roba era inutile, scontata, già vista, noiosa?
Questo cambia le persone, questo le rende statiche, di pietra. Questo perché, ad un certo punto della loro vita, queste persone hanno preso la critica di troppo, la fatidica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Noi tutti vorremmo essere capiti, noi tutti vorremmo che il nostro messaggio passi al prossimo e si imprima in qualche modo nella storia. Le critiche servono a migliorare, ma davvero lo fanno? Forse non sono le critiche ad essere negative ma coloro che le proferiscono. Noi tutti ci sentiamo in dovere di giudicare quello che fanno gli altri, a volte smontandolo. Pensate al bambino che vi porta un scarabocchio. E’ ovvio che le forme saranno astratte, è ovvio che i colori saranno raffazzonati e confusi, critichereste mai una cosa del genere? Vi mettereste mai a sgridare il bambino perché il viola non va con il marrone? O il blu con il nero? C’è tempo per imparare la teoria del colore, c’è tempo per seguire le regole. Ma soprattutto, c’è tempo per infrangerle.
Non tutto è arte, ma tutto può esserlo. Cosimo Botticelli.
Infrangere le regole è forse l’atto più umano che un umano può permettersi. Il suo grido a questo mondo storto, la sua rivalsa su questa landa desolata di quadri perfetti e foto a fuoco. Mi è capitato recentemente di ascoltare un album prodotto da un ragazzo, sono venuto a conoscenza di questa piccola opera su di un gruppo Facebook di Bon Iver. (L’album in questione è The Ideas di N.A Parsons, trovabile su Spotify.) Mi sono trovato al buio ad ascoltare questa piccola perla di questo artista sconosciutissimo. L’album era pieno di piccoli errori, imperfezioni di editing e di mixaggio della voce. E sapete cosa? Ho apprezzato fino all’ultimo secondo di questa perla imperfetta. Non sono qui per elevarmi a supremo cultore della musica o dell’arte in generale, sono qui per condividere con voi il mio approccio alla suddetta. Ritornando all’ascolto di The Ideas, ero lì assorto in quel mix di idee e di errori e mi chiedevo:
Cosa vuole dirmi Parsons con questo?
Lui ovviamente è a conoscenza delle imperfezioni della sua opera, sa perfettamente quali sono i suoi limiti e sceglie di giocarci intorno, sceglie di accoglierli e metterli in bella vista, quello è il suo album, le sue Ideas e sono così che vuole che vengano trasmesse al mondo. E’ il bambino che timidamente mostra i suoi primi scarabocchi sul foglio, che cerca di farci capire i suoi sogni, le sue paure, le sue paranoie. Ed io ora dovrei smontare questo ammasso di roba, dovrei far valere le mie conoscenze, le mie qualità, dovrei elevarmi sopra questo essere umano per far valere la vera musica, la vera arte. O forse no. Forse dovrei lasciare Parsons scorrermi addosso, dirgli quanto ho apprezzato che si sia aperto con me, uno sconosciuto, un possibile hater. Eppure l’ha fatto, mi ha mostrato il suo lato imperfetto, i suoi errori i suoi limiti e la sua bellissima iniziativa, perché si, The Ideas è un bell’album, è pieno di influenze di Justin Vernon dei Bon Iver, eppure riesce a rimanere estremamente personale ed umile. E’ questo il modo in cui ho scelto di affacciarmi all’arte. Cosa vuole dirmi l’artista? Ci riesce? Chi è l’artista soprattutto? Spesso dimentichiamo che l’arte senza artista non esiste, non è nulla. Chi è questa persona dietro questo dipinto, questa scultura, questa registrazione? Vuole far sapere di lui? Vuole rimanere nell’ombra? Fa tutto parte dell’arte, dell’esperienza in sé. Spesso vengo intrappolato in discorsi che hanno come incipit: L’arte è oggettiva. Lo è davvero? Senza umani l’arte non esiste, siamo noi l’incognita che completa l’equazione.
Come può essere quella cosa essere definita Arte al pari di quell’altra?
Questo è il punto, non esistono paragoni, non esistono arti simili, non esistono regole. Esistono fintanto che si parla di lavoro, ma se sei arrivato fino a qua a leggere allora credo tu lo sappia già, ed è una cosa di cui non parleremo qui. Partendo dal presupposto che una cosa ci offenda, ci attacchi direttamente, ogni nostra esperienza sarà corrotta da suddetto pensiero. Possiamo davvero goderci una qualsiasi cosa se il nostro cervello sta pensando: “Oddio, ma sarà davvero arte questa?” Secondo voi un bambino crede che il sole abbia gli occhiali? O che le montagne siano viola? Io coloravo le montagne di viola da piccolo, quante volte mi sono sentito dire che le montagne non fossero viola, al massimo rosse scure? Quante volte i sono sentito dire: “Perché disegni solo mostri? Perché le montagne viola? perché il cielo rosso?” La risposta era e sarà sempre la stessa che ci sentiamo dire dai più grandi artisti e premiati pensatori: “Perché mi andava”. Badate bene, non mi sto paragonando ai grandi dell’arte, no, sto paragonando lo spirito infantile di ognuno di noi a loro. Ed è questo che distingue il grande dal banale, il coraggio di dire:
Questo l’ho fatto io, questo viene dalla parte più puerile, più sbagliata di me. Questi sono i terrori che mi perseguitano, le ansie, i miei amori inespressi, i miei dubbi. E va tutto benissimo così.
Non siamo su questa terra per limitare la quantità di Arte prodotta, al massimo per interfacciarci ad essa e trovare altri spiriti affini. Non ti piace? Volta pagina, non fa per te. Non c’è: “Ah ma qui io avrei fatto di meglio” che tenga, non c’è regola o insegnamento che puoi impartire. Ovviamente, e questo lo scrivo per chi vorrà criticare e trovare punti molli nel mio discorso. Tutto quello che sto scrivendo lo scrivo per chi crea. Se vai ad una scuola, segui o hai seguito un corso o se il tuo bagaglio culturale è immenso, questo discorso è per chi sceglie di ignorare questo percorso e decide di fare di testa sua. Tornando a noi, senza scuse o giustificazioni. Sin da quelle montagne viola ho deciso e capito che avrei fatto questo nella vita, in un modo o nell’altro. Avrei dato fastidio.
Avrei smosso i concetti base di quello che è e non è. Gli alberi sono già verdi con il tronco marrone! Sta all’artista farli gialli a pois, a quadretti magenta, sta all’artista fare le foglie elicoidali blu. Ed è questo di cui dovremmo gioire, l’arte serve per scappare, per immergersi nella mente di un’altra persona che ha scelto noi come sommozzatori, Noi possiamo capirlo, immergersi. Sta a noi innamorarsi di nuovo, perché lui l’ha già fatto e la sua opera è la sintesi di quell’amore.
Io sono una persona felice eppure faccio film disturbanti e tristi, questo perché non bisogna essere tristi per fare arte triste. David Lynch.
Sta a noi anche odiare quello che l’artista fa, sta a noi odiarlo per averci tradito, per essere passato a quello stile piuttosto che un altro. E’ quell’odio che l’artista vuole provocare, è quello che fa l’artista di base: Smuove.
Arte significa smuovere, l’artista è colui che smuove. Non in positivo, non in negativo, smuove. Quando composi il primo album di Susetto: Le Mirabolanti Avventure di Susetto, ascoltabile su Bandcamp https://susettoerduro.bandcamp.com/releases la mia idea era una sola: ignorare. Ignorare tutte le lezioni di coro, di canto, di chitarra. Volevo un qualcosa che descrivesse odio, ansia, amore, smarrimento. Ci sono riuscito? Per me si, per voi? La vostra risposta è fondamentale quanto la mia. La vostra visione, la vostra lettura è valida quanto la mia. Deve diventare una Hit? Deve diventare il prossimo album bomba della storia? Certo che no! Quella porcheria è mia, è indubbiamente mia, e qualsiasi altro aggiustamento la renderebbe meno mia (e meno di Susetto di conseguenza) Non edulcoratevi di tutto il mondo, non scendete a compromessi con la vostra arte e spaccate tutto.
The most personal, the most creative. Martin Scorsese
Non c’è un metodo alla creatività, ci siete voi. Questo è l’importante: Senti di dover migliorare? Fallo! Arriverà prima o poi il fondo di quello che sai fare ora, ed un vero creativo vorrà sempre dare il meglio possibile di quello che sa di poter tirare fuori. Medita, cammina, gioca ai videogiochi, fai aeroplanini, solo voi sapete qual’è il modo migliore per tirare fuori quel bambino con quel disegno scomposto, con quelle forme astratte e colori confusi. Cosa dirà tua madre quando glielo farai vedere? Che cosa ne penseranno i tuoi fratelli? Verrà appeso sul frigo? Verrà buttato per terra? Conservato come un tesoro? Questo può starvi bene o no, potete essere d’accordo o no, la cosa non cambierà la realtà:
Non tutto è arte, ma tutto può esserlo.
La prossima volta che affronterete un libro, che vi immergerete in un album, che esplorerete un film. Cercate il significato di voi stessi, cercate di risuonare nell’opera, di risuonare con quello che vi circonda e combattete, discutete, litigate, arrivate a punti in comune. Odiatevi, amatevi dannazione!
Dopotutto, è solo arte.
And for once I knew, I was not Magnificent! Holocene, Bon Iver