da redattoresociale.it
Sono sempre di più le persone con Asperger che non si vergognano di essere diverse e vogliono farlo sapere a tutti. Viaggio nel mondo sommerso degli Aspie che hanno deciso di venire allo scoperto. Soprattutto grazie al web
ROMA – L’autismo non è una malattia, ma un modo di essere, di pensare e di vivere la vita. Ne sono convinte tante persone che usano la rete per urlare il loro orgoglio di essere Asperger. Dopo le minoranze etniche, religiose e gay, l’elogio della propria differenza parte dagli Aspie: persone con quella sindrome che fu identificata per la prima volta dal pediatra tedesco Hans Asperger negli anni Quaranta del secolo scorso e che oggi viene etichettata come “autismo ad alto funzionamento”. Per dire che si tratta di individui che, con i dovuti accorgimenti, sono in grado di fare una vita normale, ammesso che questo termine abbia ancora un senso nel 2013.
Nel tempo libero Erika collabora con la Trattoria sociale Articolo 14, allestita dalla cooperativa Garibaldi all’interno dell’omonimo istituto agrario romano. Ma soprattutto si dedica al volontariato: “Per me è come una droga”.
Alla galassia Asperger è dedicato il numero di luglio di SuperAbile Magazine, il mensile dell’Inail sui temi della disabilità curato dall’agenzia stampa Redattore sociale. Che parte da quanto scritto dalla zoologa americana Temple Grandin, icona del mondo Aspie e testimonial famosa in tutto il mondo: “Se per una qualche magia l’autismo fosse stato estirpato dalla faccia della Terra, gli uomini starebbero ancora a socializzare davanti a un falò all’entrata di una caverna. Perché chi credete abbia fatto le prime lance di pietra? Il tipo con l’Asperger!” Un orgoglio che trova mille conferme sul web, dove abbondano le liste delle celebrità con la sindrome o presunte tali, tra cui Michelangelo Buonarroti, Isaac Newton e Albert Einstein, solo per citarne alcune.
Scrive Someday sul forum dell’associazione Spazio Asperger, che ha un forum molto frequentato da familiari e diretti interessati. Non so voi, ma io quando faccio un test Aspie ho paura di risultare neurotipico. Sono molto onesto nelle risposte, ma vedere che ci sono persone più Aspie di me mi fa sentire… anormale. E da qui capisco che un Aspie vuole essere Aspie come un gatto vuole essere gatto e un cane essere cane. Sono felice di essere Aspie perché sono nato Aspie, sono di questa specie e non vorrei mai al mondo essere di un’altra specie”.
Erika, presidente dell’associazione Asperger Pride, cita Jim Sinclair, attivista statunitense e fondatore nel 1992 di Autism network international, che non ha proferito parola fino all’età di dodici anni: «Ritrovo un grande significato nella vita e non ho desiderio di essere guarito da me stesso». Per attivare una rete tra i giovani e gli adulti che vogliono superare i propri limiti, Erika ha fondato un’associazione dal nome eloquente: Asperger Pride. Per il momento si tratta soprattutto di una piazza virtuale in cui confrontarsi, ma l’ambizione è quella “di attivare una realtà di self advocacy attraverso la quale le persone con la sindrome possano auto-rappresentarsi”.
Per Adina Adami presidente dell’associazione Gruppo Asperger Lazio e madre di una ragazza con la sindrome di 23 anni, il Pride può avere un senso a patto di dargli il giusto peso: «Mia figlia non si vergogna di dire che è Asperger, ma non si sente neppure orgogliosa in quanto tale – prosegue –. Per me non è una questione di orgoglio, ma piuttosto di dignità personale». Un invito a trovare il giusto mezzo arriva, infine, da Davide Moscone, psicologo e fondatore dell’associazione Spazio Asperger: «Il Pride nei Paesi anglosassoni è nato nel momento in cui gli Asperger si sono resi conto di esserlo e di non essere soli grazie a Internet – sottolinea –. Molti adulti vengono da esperienze che avrebbero disintegrato qualsiasi individuo, quindi è importante che le persone con Asperger acquistino un forte senso di autostima e autoefficacia». Ma è necessario soprattutto imparare ad accettarsi e a fidarsi della propria capacità di “superare le debolezze, mettendo a frutto i propri talenti e ponendoli al servizio degli altri”. (ap)